Sabato 9 febbraio 2019, negli spazi del MUSEO IRPINO – ex CARCERE BORBONICO, ad Avellino, si inaugura la mostra ' Mediterrando' di Mariangela Calabrese. Scrive Rocco Zani, critico d’arte :
“La comunicazione non verbale è più vera, profonda, onesta. Il silenzio cambia l’intero essere” sostiene Marina Abramovic. E’ in questa direzione che Mariangela Calabrese pone il suo sguardo, la sua coscienza.
E al silenzio affida il respiro di un colore che non è conforto o barlume occasionale, piuttosto smisurata inclinazione alla ricerca dell’essenza e dell’essenziale. Direi che la sua biacca remota, il suo blu, il rosso argilloso sono oggi sillabario mai stagnante di una narrazione che si fa giorno dopo giorno itinerario “consueto” della sua presenza artistica, della sua sostanza.
Quasi a riportare - con l’indugio del dubbio - sull’altrove della tela i frammenti più intensi e intimi della propria esistenza. Una pittura “autobiografica”? Credo in verità che ogni linguaggio sia simultaneamente “principio proprio” e accento su criteri di un esistere analogo. Ovvero, l’opera nasce fatalmente dalla propria consapevolezza di attraversamento e da quella griglia frammentata (di ascolti, di riflessioni, di memorie) che accoglie le voci di uno stesso patire. Accade allora che le congetture del quotidiano - dai minuti sostentamenti al destino delle ombre, dalle militanze turbolenti alle parole abbuiate - diventino di colpo materia per imbastire capitoli o alloggio della propria identità espressiva. E mi aiutano le parole di Gillo Dorfles recuperate nel suo magico “Elogio della Disarmonia”: …la discontinuità, l’anisocromia del tempo, l’anisotropia dello spazio, vanno di pari passo con la discontinuità nella vita delle forme. Non è vero che da una forma determinata derivi, per logica metamorfosi, la forma successiva…una cosa è certa: la vis creativa dell’uomo è continuamente preda di spettacolari salti e le opere che ne derivano ne sono lo specchio fedele…
Credo che accada per Mariangela Calabrese. Che svuota pareti per ripristinarne altrove. Il “vincolo dell’abbraccio” è l’appartenenza al tempo clemente, alle considerazioni sull’equilibrio finanche formale di una storia incentrata sulle certezze, sull’immaginifico della devozione. Da qui la necessità probabilmente di una comunicazione latente, affidata ad una prospettiva esplicita e riconoscibile, come notifica alla percezione comune. Priva di filtri o di meditate profanazioni. Rivelatrice del dialogo. Ma “la vita di sempre” rinnova enigmi e concede estremi imprevedibili. E nell’arte l’imprevedibilità è foraggio e fame al contempo.
Rimane vivo il “timbro” del prologo fatto di una perentorietà cromatica affidata ad una poetica tonale identitaria dove il blu, il rosso e la biacca si son fatti via via metalinguaggi preziosi, essenziali, quasi sonori. Come capitoli ricorrenti - ma originali - di una narrazione che non offre alibi conclusivi ma sopravvive e si alimenta, di volta in volta, di nuovi “ascolti”, di infrazioni, di registri inediti. Una pittura, quella di Mariangela Calabrese che vive il presente. Quello trascorso. Quello, non ancora addomesticato, che ci attende. "
Mariangela Calabrese
Dal 1980 si dedica prevalentemente alla ricerca pittorica attraverso riflessioni e rielaborazioni di concetti della tradizione dell’arte e della letteratura. Partendo dal Simbolismo di fine ‘800, da Turner all’Informale, da Rothko, Klein, Twombly, tramite riferimenti visivi- informazioni di energia ideativa, e da Virgilio a Dante dove una concessione formale aperta - sollevata da reminiscenze figurative, esplora veri e propri bacini della memoria come territori di viaggio segnati dalle emozioni e dal pensiero umano.
La sua esperienza artistica, “fatta soprattutto di colore” (quale materia - tracciato - scrittura - prospettiva, in un itinerario che spazia tra pittura, scultura, libri d’arte, opere ambientali ed installazioni, in infiniti accostamenti di variazioni cromatiche) il suo work in progress compone le tessere seriali del suo “discorrere” espressivo, mantenendosi sempre fedele alla voglia di comunicare, alla responsabilità di significare.
Ha frequentato L’ISTITUTO STATALE D’ARTE DI ROMA al corso di ceramica sotto la guida del prof. Nino Caruso.
Si è DIPLOMATA ALL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI FROSINONE nel 1982 al CORSO DI PITTURA con il MASSIMO DEI VOTI E LODE.
Successivamente, nel 2008, ha conseguito il DIPLOMA DI LAUREA IN ARTI VISIVE E DISCIPLINE DELLO SPETTACOLO SPECIALIZZAZIONE IN PITTURA, CON IL MASSIMO DEI VOTI E LODE.
Nell’Anno Accademico 2017/18 presso l’Accademia di Belle arti di Frosinone consegue l’IDONEITA’ ALL’INSEGNAMENTO ACCADEMICO in DIDATTICA DEI LINGUAGGI ARTISTICI e ALL’INSEGNAMENTO di TECNICHE DEL MOSAICO. È docente di ruolo a tempo Indeterminato su cattedra di DISCIPLINE GRAFICHE e PITTORICHE PRESSO il LICEO ARTISTICO di Frosinone.