Blog di servizio gratuito per la comunicazione in Arte

venerdì 13 settembre 2024

Il Meridiano di Sergio Fermariello

Per la prima volta KROMYA Art Gallery presenta una mostra personale distribuita nelle due sedi di Lugano e Verona. Protagonista è l'artista Sergio Fermariello (Napoli, 1961), noto per aver fatto del guerriero armato di lancia il proprio segno di riconoscimento.

Curata da Demetrio Paparoni, l'esposizione sarà inaugurata martedì 17 settembre nella sede di Lugano e venerdì 20 settembre nella sede di Verona. L'artista e il curatore saranno presenti ad entrambi gli opening, in programma alle ore 18.00.

Il titolo della mostra - Meridiano - fa riferimento ad un luogo mentale, ad un orizzonte di intenti, all'attitudine di un emisfero che detta tempi lenti. Attraverso la reiterazione del segno, l'artista infatti scolpisce il tempo, una delle più grandi ricchezze del presente.

«Sin dai suoi esordi, il lavoro di Sergio Fermariello è caratterizzato da una malinconia che fa da propellente alla ricerca di una memoria perduta, necessaria alla ridefinizione dell'identità personale e collettiva», ha scritto di lui Demetrio Paparoni. «A partire da questa condizione d'animo, Fermariello ha avviato, ancora studente, un processo di sintesi della figura umana che lo ha portato a stilizzarla in pochi tratti essenziali e a trovare nell'immagine del guerriero l'espressione dell'essenza dell'uomo. Il guerriero è l'espressione di un segno controllato, ossessivo, ripetuto come un mantra all'infinito nella speranza che alla fine accada qualcosa di talmente estremo da rappresentare un punto di morte necessario perché ci sia una rinascita. L'omino stilizzato è l'artista con il pennello in mano che, diventato guerriero, ripete ossessivamente il proprio consenso a quello che sta facendo. È lì a difendere l'idea che l'artista è sempre impegnato a combattere la propria battaglia. In quest'ottica il suo significato sta nel segno stesso che lo compone».

«Nella mia pratica - dichiara Sergio Fermariello - coltivo il segno sino al parossismo, secondo una coazione a ripetere che va oltre il principio del piacere. Non mi interessa il significato, anche se nella figura del guerriero sono presenti numerose simbologie. Il mio intento è recuperare questo archetipo, che in passato si sarebbe trasformato in una divinità, per restituire il senso di appartenenza ad un destino maggiore, che non ci tradisce e che ci sintonizza con il sé di gruppo in un unico atto creativo».

Il percorso espositivo, articolato nelle due sedi di Lugano e Verona, comprende una trentina di opere di recente produzione, molte delle quali inedite. Oltre alle tele su acciaio, che a volte si presentano come bassorilievi, e agli acrilici su carta, la mostra comprende anche una Tela scrittura, ovvero un'opera disegnata nel tempo in cui il segno visto a distanza diviene astrazione, e una scultura totemica virata nell'arancio. A tracciare un'ideale ponte tra le due sedi è la scultura denominata Knot, composta da due tubi di ferro zincato che presentano al centro una strozzatura, un nodo che rallenta la discesa dell'acqua, alludendo ad altre possibili strade e vie d'uscita.

Nel corso della mostra sarà pubblicato un catalogo disponibile in Galleria con un testo critico inedito di Demetrio Paparoni e la documentazione delle opere esposte.


La sede di Lugano è aperta al pubblico da martedì a venerdì con orario 13.00-18.00, sabato su appuntamento, chiuso dal 9 al 12 ottobre. La sede di Verona è aperta al pubblico da martedì a sabato con orario 10.00-12.30 e 16.00-19.30, in occasione di Art Verona aperto solo su appuntamento.


Per informazioni: KROMYA Art Gallery Lugano (T. +41 919 227000, tecla@kromyartgallery.com), KROMYA Art Gallery Verona (T. +39 045 9788842, elisabetta@kromyartgallery.com),  www.kromyartgallery.com.





Evento segnalato da: 

CSArt di Chiara Serri, Via Emilia Santo Stefano 54, 42121 Reggio Emilia

mercoledì 4 settembre 2024

Psiche allo specchio. Omnia vincit amor

Da venerdì 13 settembre 2024 a domenica 9 febbraio 2025 la Galleria BPER Banca propone negli spazi della propria pinacoteca a Modena, il progetto espositivo Psiche allo specchio. Omnia vincit amor, a cura di Daniela Ferrari. La mostra apre al pubblico in occasione di festivalfilosofia (dal 13 al 15 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo), di cui BPER Banca è main sponsor, e sviluppa un percorso esplorativo intorno al tema scelto per questa XXIV edizione: “psiche”. 

Psiche allo specchio. Omnia vincit amor si propone come una serie di speculazioni sulla natura dei sentimenti attraverso lo specchio del mito, a dimostrazione di come la narrazione antica abbia indagato l’intero spettro delle emozioni umane. La mostra attinge dall’ampia corporate collection di BPER Banca, ricca di opere dedicate a questo tema, presentando i dipinti di Francesco Albani e bottega, Sisto Badalocchi, Jean Boulanger, Lorenzo De Ferrari, Hendrik Frans van Lint, Lorenzo Pasinelli, Giovanni Battista Paggi, Guido Reni.  

Il percorso espositivo include inoltre prestiti prestigiosi di dipinti, sculture e incisioni firmate da autori come Max Klinger, François Pascal Simon Gérard e Federico Zandomeneghi, ma anche opere d’arte contemporanea realizzate da Andrea Facco, Omar Galliani e Andrea Mastrovito.  

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domenica 1 settembre 2024

Koro Ihara - Tracce di vita

Sabato 5 ottobre la galleria d'arte FABER presenta l’esposizione personale Tracce di vita di Koro Ihara, progetto a cura di Cristian Porretta che propone per la prima volta in Italia l’intensa ricerca del giovane, ma già affermato, scultore giapponese, attraverso esposizioni monografiche, installazioni e talk.


L’arte di Koro Ihara è la narrazione di un cammino esplorativo che conduce a una serie di quesiti dai richiami ancestrali: dalla riflessione sulla natura e sul ciclo vitale al tentativo, attraverso il gesto scultoreo, di far emergere i valori culturali che gli organismi non umani posseggono intrinsecamente.

Pertanto nel progetto Tracce di vita i temi più caldi del dibattito ambientale globale, il cambiamento climatico e geologico, la sostenibilità, orientano, ma non esauriscono, uno studio teso a estrapolare una nuova idea di scultura. L’intera produzione di Ihara, pervasa da una rigorosa coerenza concettuale, può essere concepita in alcune serie principali, da intendersi come tappe del viaggio sulle orme della vita (fading-cycling-made in ground-dyeing-nested-booking-still life); in ogni ciclo espressivo le tracce da seguire cambiano e, di conseguenza, mutano i materiali da utilizzare. Lo scultore nipponico conserva un rapporto viscerale con gli elementi, ne sonda e ne sfrutta le svariate potenzialità, mescolando sostanze di ogni tipo in ardite sperimentazioni.

Pur utilizzando una vastissima gamma di materie, dalle più canoniche come i metalli, la seta, la terracotta, la ceramica, a quelle organiche, biologiche o viventi e servendosi di tecniche tradizionali e sperimentali, l’analisi di Koro Ihara si presenta come un’osservazione unitaria della natura, la vita, l’autonomia e la perfezione dei percorsi evolutivi e dell’intervento destabilizzante dell’uomo.

In tal modo le opere, pervase da un empirismo latente, unito a un rigoroso controllo tecnico, manifestano un’estetica tanto primordiale quanto poetica e raffinata che va ad esaltare l’indagine di fondo.


Cerco tracce di vita e sottoprodotti di creature viventi e con questi creo sculture utilizzando tecniche tradizionali. Concretamente, ad esempio, uso la lacca per indurire lo sterco animale e riportarlo alla forma fisica che ha originato l’escrezione, oppure considero i nidi di rondine e i cumuli di humus generati dai vermi come sculture realizzate dagli animali e li trasformo in opere di ceramica o terracotta. In alcuni lavori “in ground” sfrutto le forme plasmate da intelligenze animali e le mescolo con metodi e funzionalità proprie dell’uomo; muovendomi avanti e indietro tra le diverse prospettive umane e delle altre creature sperimento nuove possibilità per la scultura.

Negli ultimi anni ho condotto una ricerca sulla "carta fotosintetizzante", facendo reagire una miscela di cianobatteri, chiamata “ishikurage”, con il “kozo”, un vegetale che costituisce la materia prima della carta giapponese. I lavori realizzati con questa carta respirano e fotosintetizzano a seconda dell'ambiente, pur mantenendo la loro essenza di opere d’arte. In questo modo non solo l’essere, ma anche la scultura vive e si modifica.

Nelle mie creazioni interagisco con la natura con il massimo rispetto; il senso della mia ricerca non è usare gli organismi come strumenti, ma capirli, capire la vita e rispettarne il percorso. Attraverso le tracce viventi voglio esplorare nuove esperienze e opportunità che la natura spesso cela nel proprio scorrere, invece di concentrarmi sull'atto di addomesticarla, basato sul presupposto di una gerarchia in cui l'uomo sta in cima.

Mi domando se le tracce di vita che possiamo scorgere e che divengono sculture possano essere realmente considerate opere d’arte al pari delle creazioni dell’uomo e se è così, come credo, vi chiedo: è possibile pensare che organismi non umani siano depositari di cultura?

Koro Ihara - Tracce di vita

dal 5 ottobre al 7 dicembre 2024

galleria d'arte FABER


martedì-sabato 10:00-19:00

domenica su appuntamento


via dei Banchi Vecchi 31, 00186 Roma

tel 06 68808624


galleriadartefaber.com

info@galleriadartefaber.com 

lunedì 22 luglio 2024

Naturalis Historia

BUILDING presenta, dal 10 settembre al 12 ottobre 2024, Naturalis Historia, una mostra bipersonale degli artisti Linda Carrara e Mikayel Ohanjanyan. Il progetto espositivo, ospitando una selezione di opere sia scultoree che pittoriche, propone un confronto inedito tra le loro diverse ricerche artistiche che indagano il tema comune della natura. Il titolo della mostra, Naturalis Historia, che può essere tradotto come “osservazione della natura”, fa riferimento al celebre trattato di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), un’opera enciclopedica contenente una moltitudine di studi sul mondo naturale. 


L’analisi del mondo, sia questo inteso come naturale o umano, nel macrocosmo e nel microcosmo, continua ad ispirare ed informare l’arte contemporanea permettendo agli artisti di rielaborare temi più profondi come identità, connessione, legame e dualità. Linda Carrara e Mikayel Ohanjanyan, nelle due mostre personali ospitate da BUILDING – ciascuno con un approccio diverso – osservano ciò che li circonda e lo traducono con una prospettiva unica attraverso la loro pratica artistica. Linda Carrara indaga il paesaggio e la nostra percezione della natura, rivelando nella sua poetica il doppio nel mondo e nella natura umana. Mikayel Ohanjanyan rappresenta concretamente nelle sue sculture i legami, invisibili ma reali, tra gli esseri umani in un’unione tangibile di memorie antiche e moderne.

Linda Carrara (Bergamo, 1984), mediante diverse opere pittoriche, propone un progetto sull’unicità del doppio che in natura si presenta con volti diversi e suscita differenti visioni. Dal paesaggio che si sdoppia e si riflette sulla superficie dell’acqua, al giorno e alla notte che, dall’alba dei secoli, dividono il mondo in due parti, contigue ma opposte. Le opere e l’analisi del paesaggio illuminano gli aspetti molteplici dello specchiamento e sdoppiamento, fino ad arrivare ad indagare il doppio della nostra stessa natura umana. Inoltre, in uno studio sull’autoritratto, l’artista si raffigura in un disegno a matita dalla linea semplice. Linea che separa realtà e il suo doppio nello specchiamento sulla superficie.


Mikayel Ohanjanyan (Yerevan, Armenia, 1976), espone un’opera in basalto realizzata appositamente per la mostra e sculture inedite appartenenti alla serie Legami. La ricerca dell’artista è incentrata sull’essere umano e sull’osservazione del suo mondo interiore ed esteriore. In particolare, le opere di Ohanjanyan riflettono i legami e le tensioni che esistono nelle relazioni umane. Secondo l’artista "siamo collegati da legami invisibili", citando Nikola Tesla, che ci permettono di essere sismografi delle vibrazioni che vengono emanate da tutto ciò che ci circonda. Un “Tutto”, che è definito dallo spazio stesso, dal tempo, dalla natura, dalla materia con i suoi ritmi e le sue forme e dall'essere umano. Nei legami riscopriamo l'Unità, ovvero il nostro equilibrio con il “Tutto”, la coesione tra gli opposti, insiti anche nella natura umana. Quest’ultima, apparentemente informe e disarmonica come la superficie di una pietra segnata dal tempo, rivela al suo interno un reticolo solido di ricordi e memorie che strutturano e formano la nostra esistenza ed i nostri percorsi. Un intreccio stabile dal quale sembra impossibile liberarsi.


BUILDING è un progetto dedicato all’arte nelle sue più varie forme di espressione situato nel centro di Milano. Nata nel 2017 dalla visione di Moshe Tabibnia, BUILDING è incentrata su una ricerca artistica, storica e contemporanea, volta verso una nuova idea di galleria d’arte, in cui cultura e mercato avanzano paralleli.BUILDING si presenta come una costellazione composta da diversi spazi e progettualità, in cui giovani protagonisti della scena internazionale, artisti affermati e storicizzati, così come artigiani e designer si incontrano in un’ottica di scambio intergenerazionale e sconfinamento di discipline, mirando ad una costante sperimentazione e creazione di cultura. In questa visione si inseriscono inoltre: BUILDINGBOX, un progetto espositivo annuale situato all’interno di una delle vetrine di BUILDING, fruibile dall’esterno 24 ore su 24, 7 giorni su 7, che ospita a cadenza mensile opere legate tra loro da un fil rouge temporale; BUILDING TERZO PIANO, uno spazio che nasce dal desiderio di esplorare la creatività in tutte le sue sfaccettature e la cui identità si svilupperà nel tempo seguendo una programmazione indipendente



BUILDING

via Monte di Pietà 23, 20121 Milano

martedì - sabato, 10 - 19 

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Alessandra de Antonellis 

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Flaminia Severini 

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sabato 29 giugno 2024

Giovanni Duro - Tempo presente


Giovedì 4 luglio, alle ore 18, negli spazi della Galleria San Gallo, nell’omonima via di Firenze, si terrà il vernissage della personale dell’artista Giovanni Duro, dal titolo “Tempo presente”, curata da Loredana Barillaro e fruibile fino al 21 luglio. La pittura di Giovanni Duro - ricca di particolari vivaci e accattivanti - dà vita ad una mostra che si sviluppa nel salone centrale della galleria e che segna un ulteriore momento di ricerca nell’avviata programmazione espositiva della stessa, confermandone la vocazione ad una proposta plurale e all’accoglimento di stili e maniere differenti.

Scrive Loredana Barillaro:

E’ una quotidianità semplice quella di Giovanni Duro, quella che compare nei sui dipinti. E’ quella semplicità che ci manca, che non sappiamo di avere, che pensiamo di non volere o che qualcosa ci spinge a non considerare.

Le tele in mostra sono intrise di una bellezza antitetica, rara, poiché spesso condizionata da canoni a cui ci siamo dovuti adeguare per essere “al passo con i tempi”. Esse sono cariche di entusiasmo, un entusiasmo che l’artista non ha paura di mostrare, di esprimere scegliendo cromie non sempre rintracciabili in quanto ci circonda.

Vasi di fiori, tazzine da caffè, frutta, interni, libri e oggetti personali, è la realtà così com’è, così come l’artista la coglie; egli vi assegna colori, linee, parole per redigere la trama di un racconto intimo, ma che qui si espone allo sguardo altrui, trasformandosi in un’ambientazione comune. Che sia la maniglia di una porta, un frutto stranamente blu, il cartone di una pizza, tutto è degno di essere trattenuto e mostrato sulla tela. E ad insistere è anche una componente “pop” nettamente suggerita dall’uso di colori irriverenti, capaci di trasformare e accendere gli oggetti più comuni creando un’atmosfera briosa e dai toni ottimistici.

Ma che cosa mettiamo nel nostro quotidiano? “Colori forti e forme semplificate” è quello che ci mette l’artista, in un modo di dipingere quale atto terapeutico, il ritrovarsi in questo o in quell’oggetto, in questo o in quel dettaglio.

Giovanni Duro appartiene a quella categoria di artisti che ama dipingere la quotidianità, l’immediatezza di cui sono fatte le nostre vite. Egli sembra dire “sono, mi piace, dunque faccio”, perché in fondo siamo quello che siamo, non abbiamo bisogno di sovrastrutture, di inverosimili background da portarci dietro. Quello di cui ci circondiamo ci racconta, ci identifica, e questo ci basta, perché siamo fatti della stessa pasta di ciò che abbiamo intorno. Non sono forse gli oggetti che acquistiamo a raccontare di noi, le forme che amiamo, i colori di cui vestiamo, i libri che scegliamo, i quadri che appendiamo alle pareti delle nostre case?

L’artista mostra la capacità di farsi ispirare da forme semplici in una pittura che non è però un mero vezzo, ma è capace di parlare della contemporaneità, delle sue sfumature e implicazioni.

Non è pertanto solo giovialità quella che abbiamo davanti, la spensieratezza che traspare da un figurativo straniante è anche strumento per riflettere sulle ineguaglianze presenti nella società.

Il suo non è uno sguardo veloce alle cose, ma è un soffermarsi sugli aspetti del nostro quotidiano, e l’arte fornisce a Giovanni Duro la possibilità di giocare con la realtà, sì di trasformarla, ma di fornire al suo pubblico una visione scevra da qualsivoglia condizionamento, per collocarsi finalmente, e semplicemente, nel tempo presente.


Breve biografia dell’artista

Giovanni Duro è nato a Catanzaro nel 1976, vive e opera a Taverna, nella Presila catanzarese dal 2013. Ha conseguito il diploma di laurea in Pittura nel 2003 e la specializzazione in Arti visive e discipline per lo spettacolo, indirizzo Scultura, nel 2008 presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Si è qualificato in Restauro di dipinti su tela presso l’Istituto Arte Artigianato e Restauro di Roma. Svolge attività di ricerca nell’ambito della pittura, del disegno e della scultura e dal 2011 si occupa anche di didattica dell’arte. Ha acquisito delle competenze didattiche con il metodo “Giocare con l’Arte” ideato da Bruno Munari presso il “Laboratorio Giocare con l’Arte” del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza negli ambiti Ceramica e Grafica. E’ socio fondatore, e dal 2021 vicepresidente, della Cooperativa Sociale Artè, che gestisce i servizi integrati del Museo Civico di Taverna (Cz).


Per info: 

Galleria San Gallo

via San Gallo 77Rr, 50129 Firenze

+39 055 7967577 | +39 333 8621526 

www.galleriasangallo.com | info@galleriasangallo.com


Loredana Barillaro

Curatrice e Critica d’Arte

+39 3393000574

mercoledì 12 giugno 2024

VALERIA PATRIZI Cantica

La Galleria Orizzonti Arte Contemporanea di Ostuni prosegue la proposta espositiva all’interno della project room con l’inaugurazione, sabato 15 giugno 2024 alle ore 19.00, della personale dell’artista romana Valeria Patrizi, dal titolo Cantica, a cura di Caterina Acampora.


“Ponimi come un sigillo sul tuo cuore come un sigillo sul tuo braccio.”Cantico dei Cantici (Ct 2,8-16; 8,6-7)Cantico dei cantici, quando mi è stato raccontato il riferimento letterario dietro cui si stava costruendo la mostra che state per vivere, la mia mente è andata inevitabilmente al ben più noto “cantico delle creature” di San Francesco; confesso che avevo trovato in maniera istintuale una perfetta corrispondenza tra la cantica di Francesco e l’opera di Valeria Patrizi, ho pensato subito al suo saio/tela dove la natura si dipana eterea e si innalza verso qualcosa di più alto. Sono stata bruscamente svegliata da questa costruzione, era un testo molto più antico quello che mi si stava chiedendo di approfondire. Un testo sottile, intenso che poi ho scoperto appartenere all’antico testamento. Ed ora devo ringraziare questo equivoco, questa perdita di coordinate, se sono entrata in contatto con uno dei testi più belli della letteratura sacra. E forse è proprio quello che deve fare l’arte: farti spogliare dalle certezze che il mondo del prima ti ha cucito addosso per rigettarti nel dopo in una condizione inimmaginabile al momento del tuo arrivo. Quello che succede in mezzo è l’esperienza universale e Valeria Patrizi lo sa bene, è evidente dal modo discreto in cui ti catapulta in questo triangolo: tu, spogliato dalla tua verità, la sua opera e lei, silenziosa, impalpabile e al tempo stesso presente. Tra di voi tutto il tempo e lo spazio del mondo senza cornici a delimitare confini. E poi ci sono loro, naturalmente, i suoi personaggi. Carne e sangue, c’è un prima e c’è un dopo, questo è chiaro, ma noi li osserviamo in un momento di raccoglimento, di riflessione, di sospensione drammaturgica. L’artista non ci racconta chi sono e come sono finiti, a volte insieme, a volte soli, su quella tela, né che relazione ci sia tra di loro, tra l’animale e la donna, eppure non potrebbero essere che lì, con noi. Non c’è niente di voyeuristico nell’opera di Valeria Patrizi; riesce a spogliare il soggetto che rappresenta mettendolo in una comunicazione profonda con lo spettatore che sente quasi la necessità di voltarsi indietro a controllare di non essere visto da nessuno, a sperare che quanto sta accadendo stia accadendo con lui e per lui; la materia, la carnalità, l’animale che diventa spirito guida di un umano assorto, finalmente presente, lontano da un quotidiano che lo vuole distante da un contatto profondo con la natura, con sé stesso. E suona quasi ironico pensare quanto ci fa apparire semplice questa ricerca, bastava scomporre la parola stessa: anima-le che, seppur per definizione “privo di coscienza”, è lui stesso che riesce a spostare il piano della realtà della tela, è il suo istinto a raccontarci l’umano. Lasciarsi andare a questa consapevolezza ci porta a vivere l’opera di Valeria Patrizi come l’attraversamento di un bosco d’estate, le macchie delle sue tele diventano il modo per vedere il cielo attraverso gli alberi, mentre la vita si insinua ad ogni livello. I colori che sceglie seguono questo lento incedere; sono toni pacati, gentili, leggeri, pieni di cura, la stessa cura con la quale l’artista costruisce le sue tele e le srotola davanti ai miei occhi nel suo studio del Pigneto, a Roma, dove la si può incontrare con le sue opere arrotolate sotto il braccio. 

Valeria Patrizi è un’artista sapiente, i suoi soggetti si portano dietro storie silenziose, che lei con amore raccoglie in mezzo agli altri, perché non ne può fare a meno. Il suo sguardo, come quello delle donne che dipinge, è teso verso l’esterno ad accogliere l’altro con gentilezza. Nel suo piccolo studio, mi parla dei progetti per il futuro, mi mostra ritagli, osservo quanto i suoi soggetti siano cambiati negli anni e mi riconosco in una donna riccia dalle grandi labbra rosse. Mi dice che non è la prima volta che le capita e capisco che ci si riconosce in queste opere perché parlano senza sovrastrutture ad un io profondo, lo si fa, si costruisce da solo, perché l’artista crea lo spazio dell’incontro. Questo spazio diventa strumento di esplorazione dell’animo umano e della sua connessione con il mondo naturale; l’atmosfera poetica e spirituale che avvolge le opere esposte è speculare al testo biblico di Salomone, l’invito è chiaro: contemplare la bellezza del creato e la sacralità dell’amore. Il dramma che si dipana nell’opera biblica non è altro che un canto, un inno all’amore, la narrazione che procede in un dialogo tra due amanti, intervallati da lodi della bellezza e dell’amore. Un sogno erotico, più che un racconto; non è la storia degli adultèri di David e di Betsabea, degli incesti di Amon e di Tamar; non vuole né avvertire né eccitare, vuole soltanto rivelare qualcosa attraverso il sogno. Il respiro degli amanti del Cantico risuona nel ritmo delle opere dell’artista che di nuovo lascia parlare i suoi personaggi, in un commiato che sembra urlare con leggerezza: per amare bisogna prima sparire.

 

VALERIA PATRIZI Cantica

a cura di Caterina Acampora 

Inaugurazione 15 giugno 2024 ore 19.00 

fino all'11 luglio 2024 


GALLERIA ORIZZONTI ARTE CONTEMPORANE

A Piazzetta Cattedrale (centro storico)72017 - Ostuni (Br)

Tel. 0831.335373 – Cell. 348.8032506

www.orizzontiarte.it 

info@orizzontiarte.it 



 

amalia di lanno

cultural managercommunication - management - promotion

www.amaliadilanno.com

info@amaliadilanno.com

lunedì 3 giugno 2024

Sylvie Duvernoy - Il piccolo principe astronomo

Da sabato 8 giugno. e sino  a mercoledì 26 giugno, presso il Circolo degli Artisti  di Albissola Marina (SV), si terrà una mostra personale di Sylvie Duvernoy, acquarellista e pittrice nata in Francia, ma trasferita poi a Firenze dove tuttora vive e lavora.  L'inaugurazione si svolgerà sabato 8, alle ore 18. 


Sylvie Duvernoy si è laureata in architettura a Parigi. Ha iniziato a lavorare in Francia, ma si è poi trasferita a Firenze dove tuttora vive e lavora. Si è specializzata nella rappresentazione dell’architettura conseguendo un dottorato di ricerca all’Università di Firenze, e da diversi anni insegna disegno architettonico al Politecnico di Milano e all’Accademia delle Belle Arti di Sanremo. Sylvie è anche una acquarellista e pittrice. Le sue opere - prevalentemente paesaggi e ritratti dal vivo - sono state esposte in occasioni di mostre personali o collettive a Parigi, a Malta, in Germania e in Italia. Con la tecnica dell’acquarello ha illustrato il libro intitolato “l’Universo del Piccolo Principe” (scritto da Francesco Palla) che è stato tradotto fino ad ora in cinque altre lingue.


Estratto di una recensione scritta dal Professore Ugo Barlozzetti, di Firenze, in occasione di una mostra di ritratti, a Firenze nel 2021

I ritratti costituiscono un ulteriore  aspetto della ricerca di Sylvie, infatti  i soggetti, le persone, sono colti in momenti di riposo o addirittura di meditazione e al tempo stesso lontani dal posare, appaiono vivi e immersi nella vita quotidiana nella quale un momento di pausa ha permesso all'artista di recuperarne, con molta efficacia, elementi salienti del carattere , quelli  più specificamente legati al comunicare una stessa condizione esistenziale attraverso i tratti fisionomici  e la gestualità.

Quattro pezzi sono una sequenza nella descrizione dell’ambiente ove si definisce il processo creativo ed esecutivo: una sorta di progressione documentaria o piuttosto la curiosità di ripercorrere il dialogo del fare con l’ideare, secondo condizioni di luce e tempo dove può emergere un vissuto essenziale per dare vita, appunto, all’opera.

I due ritratti del “tempo del Covid”, di Maira e di Cant, costituiscono forse la testimonianza dell’avvio di un nuovo percorso, non solo per quanto riguarda il soggetto ma come sperimentazione di tecniche. Infatti, l’uso del plexiglass come supporto permette una doppia visione, con effetti di profondità e di un raddoppio della percezione fruitiva. Così l’intensità dell’indagine, intensificata da forzatura e sintesi e dalla partecipazione stessa nel gesto della stesura di un’efficace soluzione cromatica, evoca, rifunzionalizzandoli, secondo il proprio segno, aspetti in qualche modo recuperati dall’espressionismo e dalla ricerca materica, innovandone la carica poetica e comunicativa.


Sylvie Duvernoy - Il piccolo principe astronomo

Da sabato 8 giugno a mercoledì 26 giugno

Circolo degli Artisti 

Pozzo Garitta, 32  17012 Albissola Marina (SV)            

https://sites.google.com/view/circolodegliartistialbisola/home 

e mail: info@circoloartistialbisola.it                                            

sabato 18 maggio 2024

respect my madness

respect my madness” (rispettate la mia follia) è il filo conduttore di tutte le opere che Filippo Sorcinelli esporrà il 19 maggio in occasione dell’inaugurazione di MUDI, primo museo d’arte in discoteca in Italia, con sede nel celebre Cocoricò di Riccione.


 Filippo Sorcinelli darà vita ad una vera e propria performance fuori dagli schemi che racconterà la sua anima poliedrica ed eclettica, che spazia dalla moda alla pittura, dalla fotografia alle installazioni, passando per la musica fino alla produzione di collezioni olfattive, le cui fragranze saranno il cuore dell’evento. 

La frase “respect my madness” campeggia all’esterno della celebre sala Titilla, quasi come uno slogan e come imperativo personale, per poi marcarsi definitivamente nei gadget e nelle t-shirt create per l’occasione. MEMENTO, la grande mano benedicente, ispirazione della omonima collezione di Filippo Sorcinelli, accoglie i visitatori all’ingresso della discoteca. Ma la vera installazione immersiva sarà al CIAO SEX, il trasgressivo bagno/privée nato insieme al Cocoricò e motore di tutte le sue attività artistiche a partire dagli anni ‘80. 

All’interno delle piccole “celle”, sarà presente un percorso olfattivo con indicatori di colore dedicato alla collezione XSE’ extrait de perversion, indagine sociale sulle azioni più nascoste e più intime dell’animo umano. Ogni persona potrà profumarsi attraverso dispenser elettronici secondo la propria riconosciuta “follia”, fino ad arrivare a lavarsi le mani con i nuovi cinque saponi corrispondenti alle fragranze XSE’. 

Per asciugarsi le mani dei fazzoletti con su scritta la frase “respect my madness” per chiudere il cerchio. CIAO SEX sarà accompagnato dalla follia musicale dei SALÒ, il Salò collettivo dell’underground capitolino che si muove tra psichedelia, noise, avant rock e un gusto spiccato per la performance.


Maria Chiara Salvanelli | Press Office & CommunicationMaria Chiara Salvanelli mariachiara@salvanelli.it | 3334580190Anna Chiara d'Aloja annachiara@salvanelli.it | 3293961225 

sabato 20 aprile 2024

Micro-Waters di Caterina Morigi

Galleria Studio G7 è lieta di segnalare la mostra Micro-Waters di Caterina Morigi, in programma dal 20 aprile al 1 giugno 2024 presso lo spazio indipendente AARDUORK (Castello 4931, Venezia) e a cura di Mario Ciaramitaro e Alberto Restucci.

Micro-Waters consiste in un’indagine scientifico-immaginativa di un mondo inesplorato, conosciuto ma interamente da indagare attraverso una microscopia dello sguardo. Guardare all’interno della materia, nei pertugi osteoporici dei coralli, è qualcosa che non attiva soltanto la vista, è un’indagine tattile e sensibile della configurazione di un mondo sommerso. Quando ci si immerge nell’ambiente marino la relazione con tutti i materiali e gli elementi che lo compongono diventa improvvisamente osmotica.

Il mondo subacqueo è liminale, stratificato di vite e materia: amplifica i nostri confini tattili e visivi. Caterina Morigi, che lo esplora sempre in apnea, cerca nei fondali le tracce dell'alleanza tra la materia viva e le rocce. Affascinata da come le superfici rugose diventino zone accoglienti per coralli e molluschi, combina le immagini che realizza con immagini scientifiche di numerosi elementi analizzati da laboratori di ricerca. Nel suo lavoro appaiono rime eidetiche tra i minerali e le conchiglie, entrambe composte di carbonato e fosfato di calcio. Si tratta di una alleanza invisibile, materica e immaginativa, evocata dalle opere esposte, impossibile da conoscere altrimenti. Se con le nostre dita possiamo sentire e assaggiare la superficie di ogni oggetto, tuttavia questa alleanza microscopica ci sfugge. Cosa si nasconde nelle profondità della materia? Come possiamo arrivare anche solo ad immaginare una zona di contatto?  

Nella sua ricerca Caterina Morigi porta l’attenzione alla materia, brulicante di vita, territorio fisico e metaforico di unione e scambio. Per affrontare la sostanza delle cose si serve di uno sguardo ravvicinato, senza tempo, portando alla luce elementi apparentemente distanti e non percepibili con i nostri sensi allo stato normale. L’opera diventa un dispositivo mutevole e cangiante che serve per attuare ribaltamenti tra soggetto e cornice, centro e margine, e dare avvio a una moltitudine di immagini fluide differenti e soggettive. 


Caterina Morigi (Ravenna, 1991) si laurea in arti visive allo IUAV di Venezia, la sua pratica, prevalentemente installativa, si concentra sui mutamenti della materia e sulla relazione sostanziale che sussiste tra umano e naturale. Partecipa a residenze artistiche tra cui Et in Arcadia Ego della Quadriennale di Roma e Atelier 2015 della Fondazione Bevilacqua La Masa. Il suo lavoro è stato esposto al MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna; Palazzo Reale, Milano; Archivio Casa Morra, Napoli; Villa Della Regina, Torino; Musée des Merveilles de Tende, FR; Fotografia Europea, Reggio Emilia; Art Rotterdam, NL; Museo Nazionale della Montagna, Torino; Video Sound Art Festival, Milano; Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma, SV. 

È rappresentata dalla Galleria Studio G7, Bologna. AAARDUORK  è uno spazio indipendente nato nel 2020 a Venezia. Ospita regolarmente mostre personali di autorə e artistə anche collaborando con la rete di istituzioni cittadine. 

AARDUORK – dichiarano i curatori Mario Ciaramitaro e Alberto Restucci – è per noi un luogo dove intessere collaborazioni con autori e artisti. Vuole essere un nucleo di energia per la città di Venezia, dove spesso progetti internazionali atterrano ma non hanno il tempo fisiologico di intrecciarsi profondamente con il tessuto sociale cittadino. Gli artisti hanno bisogno di una comunità e nel nostro piccolo siamo motori di incontri, presentazioni, mostre e progetti.” 

Si ringraziano:

Galleria Studio G7, Bologna

Ing. Gabriela Graziani

Fondazione Bevilacqua La Masa

Fondazione Bilbao Arte

Associazione Altreforme e Cam3D

Contatti051 2960371 | info@galleriastudiog7.it | www.galleriastudiog7.it Ufficio stampa Galleria Studio G7Sara Zolla | 346 8457982 | press@sarazolla.com

lunedì 8 aprile 2024

L'uomo umile sa cosa pensare

L’umiltà è una virtù preziosa che spesso si manifesta in coloro che riconoscono i propri limiti senza cercare di esaltarsi o di dimostrare superioritàNon è pensare di essere meno, ma piuttosto di non credere di essere di più. Questo concetto è ben espresso da C.S. Lewis, il quale afferma che l’umiltà consiste nel non sovrastimarsi.

Un racconto illustra l’incredibile valore dell’umiltà: un giovane meditatore, dopo anni di pratica, si considerava pronto per diventare maestro. Tuttavia, quando incontrò un eremita che viveva su un’isola, scoprì che il vecchio maestro ripeteva lo stesso mantra che lui usava. Convinto di insegnargli qualcosa, il giovane pronunciò il mantra correttamente. Ma quando il vecchio maestro lo ripeté camminando sull’acqua, il giovane capì di aver sprecato la sua vita. L’umiltà del vecchio maestro lo aveva reso libero e audace.

Quindi, l’uomo umile sa cosa pensare: non si vanta delle proprie competenze o successi, ma rimane consapevole dei propri limiti. È un equilibrio tra autostima e modestia, una virtù che contribuisce al nostro benessere emotivo.