Un nuovo studio, eseguito su 650 istituzioni in tutto il mondo, analizza la gravità del blocco per i musei. Si tratta di un sondaggio svolto da NEMO - Network of European Museum Organizations, la rete delle organizzazioni museali europee fondata nel 1992. Lo studio presenta una fotografia accurata delle modalità in cui i musei stanno vivendo le chiusure e mostra quali sono le conseguenze sulle loro organizzazioni. Con i musei chiusi fino a data da destinarsi, infatti, resta piuttosto complesso il tema delle conseguenze economiche per le istituzioni.
Il Network of European Museum Organisations (NEMO) è stato fondato nel 1992 come rete indipendente delle organizzazioni museali nazionali e rappresenta la comunità museale degli Stati membri del Consiglio d'Europa. I membri di NEMO parlano per oltre 30.000 musei in 40 paesi in tutta Europa. NEMO garantisce che i musei siano parte integrante della vita europea promuovendo il loro lavoro e il loro valore presso i responsabili politici e fornendo ai musei formazione, informazioni, reti e opportunità di collaborazione.
Il sondaggio sarà aperto fino al 17 aprile, ma le prime risposte di 650 musei in Europa, ogni nazione dell’UE, oltre a Stati Uniti, Filippine, Malesia, Polinesia francese e Iran sono già piuttosto eloquenti. La maggior parte dei musei che solitamente accoglie un gran numero di visitatori ha visto ridurre del 75-80% le entrate in modo brusco ed improvviso.
Le ricadute maggiori sembrano averle le mostre internazionali, che vengono annullate a causa della caduta dei prestiti internazionali. Fino ad ora, il 70% dei musei ha preferito non licenziare il personale, ma i lavoratori indipendenti non hanno avuto la stessa fortuna: circa il doppio delle istituzioni sta mettendo in attesa i contratti. Inoltre, i progetti infrastrutturali a lungo termine vengono stoppati in gran numero a causa dell’incertezza sui budget e sulle prospettive finanziarie.
L’unica area in crescita, come è facile immaginare, è il trasferimento online dei musei. Il 60% degli intervistati ha incrementato la propria presenza online e il 40% ha notato un aumento del traffico online, per alcuni persino del 500%.
Il sondaggio presenta un’esortazione ad agire, sperando che i legislatori permettano ai musei di superare questo momento difficile. “Sollecitiamo i governi a investire in futuro nel patrimonio culturale europeo, a sostenere ciò che ci unisce, mentre tante altre cose ci separano”, si legge in una dichiarazione della Rete delle organizzazioni museali europee.
Il 70% di quegli istituti che hanno offerto notizie sulla perdita del reddito dichiara di perdere più di 1000 euro ogni settimana; il Kunsthistorisches Museus di Vienna, lo Stedelijk Museum e il Rijksmuseum di Amsterdam dichiarano di perdere centinaia di migliaia di euro ogni settimana. Anche i musei privati sono fortemente danneggiati: molti affermano che perderanno l’intero budget durante le chiusure, che potrebbero diventare definitive. Circa tutti i musei che hanno risposto al sondaggio erano chiusi, con poche eccezioni in Svezia, in Austria e in Albania; molti di questi non erano certi di poter riaprire, con revisioni che vanno da metà aprile a settembre.
Anche altri gruppi museali hanno fatto richiesta di aiuti governativi, come l’Alleanza americana dei musei e il Metropolitan Museum Art di New York, che un mese fa ha richiesto un versamento di 4 miliardi di dollari per la cultura, ricevendone però meno del 5%. I leader dei musei italiani richiedono la creazione di un “fondo nazionale per la cultura”; oltre 2000 coloro che hanno aderito, compresi i responsabili del Museo Nazionale di Arte del 21° secolo a Roma ed dei musei civici di Venezia, a una petizione di Change.org che mette al centro l’importanza di mantenere viva la cultura italiana, per evitare che le conseguenze nel settore culturale siano troppo gravi. Altri firmatari sono l’artista Paola Pivi, Roberto Cicutto (presidente della casa madre della Biennale di Venezia) e Paola Antonelli (senior curator di design e architettura al Museum of Modern Art di New York).
Il fondo richiesto dovrebbe essere “garantito dallo Stato, e aperto al contributo di tutti i cittadini che vogliono sostenere il settore culturale nell’attuale crisi di emergenza e di liquidità, a seguito della chiusura di musei, cinema, teatri e librerie”, si legge nella petizione, che al momento conta 2260 firme, ed è stata mostrata al ministro italiano della cultura, Dario Franceschini. Il Ministro al momento non ha ancora risposto.
Ilaria Inchingolo su http://www.qaeditoria.it/