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giovedì 8 aprile 2021

Vendere per sopravvivere: Il Covid sta uccidendo i Musei americani

Arte e Covid: i musei americani mettono in vendita le opere per sostenere i costi di gestione (compreso la manutenzione... delle opere e degli immobili).


E' il caso del Brooklyn Museum, gia' in difficoltà economiche prima della pandemia, in cerca di fondi per la manutenzione della collezione, ha messo sul mercato 12 opere, tra cui un Monet e due Dubuffet.  Il Metropolitan Museum of Art, utilizzerà il ricavo dalla vendita di alcune opere, in alcuni casi possedute in piu' copie, per pagare in parte il personale.  Questa “tendenza” dei musei americani, si è accentuata con la sospensione del divieto di 'deaccessioning', valido fino all'aprile 2022 e necessaria per affrontare temporaneamente le difficoltà causate dalla mancanza dei visitatori per le restrizioni dovute all’emergenza da Covid.

Da inizio pandemia, L’Association of Art Museum Directors (Aamd) ha consentito ai musei di cedere i loro prezzi pregiati per poter compensare gli introiti mancati a causa della pandemia. Ma vendere un'opera tradisce la missione di un museo? E’ l’interrogativo che sta agitando il settore negli Stati Uniti. Molti musei, tradendo la motivazione alla base della sospensione del  'deaccessioning’, ne hanno approfittato per diversificare le proprie collezioni. Azione questa, criticata da molti che la ritengono incompatibile con il ruolo che i musei hanno di preservare i loro tesori per il pubblico all'interno della comunità. 

Max Hollein, direttore del 'Met', ha minimizzato l'impatto dell'operazione. "Le istituzioni americane hanno praticato 'deaccessioning' per decenni", ha dichiarato Hollein all'agenzia France Presse, "siamo molto esperti nel farlo, ci crediamo e riteniamo che lo sviluppo della nostra collezione ne tragga benefici". 

Piu' spregiudicata la politica di soggetti minori come l'Everson Museum of Art di Syracuse, che lo scorso ottobre ha venduto un Pollock per 12 milioni di dollari, reinvestendo i proventi nell'acquisto di altre opere. Una mossa equivalsa alla "vendita della propria anima" per il Wall Street Journal, sulle cui colonne l'editorialista Terry Teachout si era scagliato contro la struttura rea di "utilizzare il lodevole obiettivo di finanziare una collezione più diversificata come una scusa per tradire la fiducia del pubblico". 

"E' davvero preoccupante quando l'arte sulle pareti si trasforma in un'attivita' finanziaria", ha sottolineato Laurence Esisenstein, l'avvocato che ha guidato la rivolta contro i vertici del Baltimore Museum of Art (Bma), costretti a fare marcia indietro sulla vendita di tre importanti opere, tra cui un Warhol. Obiettivo della transazione, in tempi di 'Black Lives Matter', era riequilibrare la collezione con un maggior numero di opere di afroamericani, che costituiscono quasi il 63% della popolazione della città. Di fronte alle forti critiche, il direttore del Bma, Christopher Bedford, ha poi deciso di organizzare, a tale scopo, una raccolta di fondi. 

Bedford ritiene che sara' difficile per i musei diversificare le collezioni se le regole sul 'decommissioning' non cambieranno in modo stabile. "Stiamo scivolando nell'irrilevanza perchè ci rifiutiamo di aggiornare i nostri modelli di pensiero e azione", ha dichiarato Bedford alla France Presse. 


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