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L'arte di Gregory de la Haba nella recensione di Massimo Scaringella

 " La pittura è, tra i mezzi espressivi, il più utilizzato, il più autentico e naturale, e, allo stesso tempo il più astratto, puro significato in cui si accentua il centro della creatività della forma, seguendone passo passo la sua genesi. Dice sempre Paul Klee “al principio c’è l’azione… al di sopra sta l’idea”. L’opera rappresenta quindi per l’artista un momento sperimentale e spontaneo dell’ideazione creativa. Dove testimonia in modo evidente il formarsi dell’immagine, il segno come scrittura che uscendo dall’inconscio diventa pensiero visivo. E nei suoi lavori Gregory de la Haba esprime il senso di una essenzialità visiva, solo apparentemente confusa, ma strutturalmente legata alla visione ironica e colorata della vita. Esprimendo con il suo incontenibile segno una depistante linea gestuale, guidata da una manuale irruenza, identità piena di un espressionismo emotivo e culturale inserito in una solida realtà. La struttura di ogni opera è composta quindi come l’espressione di un pensiero non verbale, trasformato in una struttura articolata e consolidata nella rivelazione della realtà. Dove si raccoglie un esercizio stilistico capace di trasformare un desiderio, nell’ironia della creatività, in una dilatazione del tempo e dello spazio. Macchie, segni veloci, prepotenze cromatiche, disputano la definizione dello spazio, contendendo alla natura e alla poesia l’inquieta ricerca delle soluzioni formali dell’opera. “L’arte è sempre organizzata attorno al vuoto della cosa impossibile e reale” (Lacan).

L’artista in questa serie di lavori, definiti “Amplified Dimensions (Dimensioni amplificate)”, appositamente composti per questa occasione, con i suoi gesti, istituisce un rapporto con la vita, evolvendo il modo di vedere oltre l’espressione estetica in una condizione di privilegio fantastico. Ma ancora una volta non guarda fuori, ma dentro: dentro alle sue origini, dentro al suo essere, scegliendo il gesto ideale, la forma ideale, tra proporzioni da contraddire, colori da esibire, parole da suggerire e segni onirici da sublimare. Nel fare arte Gregory de la Haba non elargisce nessuna concessione allo stile, alle esigenze dello spettatore, ma il tenace e paziente rincorrersi del segno alla ricerca della tela esprime qualcosa che c’è, che esiste. Scaturisce in questo modo una dimensione poetica in cui lo spazio, movimento, ritmo, luce e vibrazione sono elementi riferibili a oggettivi spazi emotivi di una visione onirica, in cui, ancora una volta, il segno non è mai affidato al puro istinto ma a una esigenza creativa e strutturata.

In questa fase del suo lavoro Gregory de la Haba vuole far credere che l’idea stimolante e allo stesso tempo provocatoria di fare arte è entrare nell’anarchia dell’assenza della struttura. Ma al contrario questi lavori, pieni di luce e di colore, rinviano a una visione concreta del mondo dell’oggi, in cui l’artista ha ben presente le assimilazioni che gli derivano dai diversi incroci culturali incontrati durante il suo percorso formativo e creativo. A voler significare che comunque l’arte, anche oggi, rimane sempre l’unico segmento esistenziale tra la speranza umana e la poesia."

Massimo Scaringella


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